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MPOX (Vaiolo delle Scimmie)

INFORMAZIONI SULLA MALATTIA

L'mpox (in precedenza monkeypox o vaiolo delle scimmie), è una malattia virale causata dal virus del vaiolo delle scimmie (MPXV)

una specie del genere Orthopoxvirus, identificata per la prima volta negli esseri umani nel 1970 nella Repubblica Democratica del Congo.

Il MPXV è un virus a DNA a doppio filamento appartenente alla famiglia Poxviridae, genere Orthopoxvirus (stesso genere del virus Variola che causa il vaiolo). Esistono due gruppi geneticamente distinti del virus MPXV: il gruppo I (precedentemente clade dell’Africa centrale, bacino del Congo) e il gruppo II (precedentemente clade dell’Africa occidentale).

Nei paesi endemici è prevalentemente una zoonosi, mediante il contatto diretto con animali infetti che si verifica durante attività come la caccia, la cattura e la lavorazione delle pelli.

Indipendentemente dal gruppo virale, il virus che causa mpox può diffondersi mediante la trasmissione da persona a persona attraverso contatti fisici stretti, come i rapporti sessuali, ma anche i contatti familiari. Per contatti stretti si intendono:

  • il contatto diretto pelle a pelle con le lesioni cutanee infette;
  • il contatto bocca a bocca o bocca-pelle (baci), faccia a faccia (anche parlando o respirando

in modo ravvicinato);

  • il contatto con la saliva e le secrezioni delle vie respiratorie superiori in modo ravvicinato

e prolungato;

  • il sesso orale, anale o vaginale, o il contatto con i genitali (pene, testicoli, labbra e vagina)

o con l'ano.

L’infezione può essere trasmessa anche da biancheria, indumenti o da superfici contaminate.

Il virus può anche essere trasmesso dalla madre al feto durante la gravidanza, durante o dopo il parto attraverso il contatto pelle a pelle dalla madre al bambino.

Dalla fine del 2023, un'ampia epidemia di mpox ha colpito la Repubblica Democratica del Congo (RDC), con una recente espansione ad altri Paesi africani: Burundi (61 confermati, 165 sospetti), Repubblica Centrafricana (35 confermati, 223 sospetti), Repubblica del Congo (19 confermati e 150 sospetti), Ruanda (4 casi confermati), Uganda (2 casi confermati), e altri Paesi quali Camerun, Costa d'Avorio, Ghana, Liberia, Kenya, Nigeria e Sudafrica. Nel 2024, sono stati segnalati nel continente africano un totale di 17.541 casi di mpox (14.719 sospetti e 2.822 confermati), inclusi 517 decessi.

Diffusione europea: Alla data del 18 agosto 2024 nell'UE/SEE è stato segnalato un caso importato di MPXV in Svezia

Diffusione Italia: A partire dal 20 maggio 2022 (data della prima segnalazione de primo caso di mpox in Italia) all’8 agosto 2024 sono stati segnalati complessivamente 1.056 casi confermati di mpox, la maggior parte dei quali si è verificata nell’estate del 2022. Dal 1° gennaio all’8 agosto 2024 sono stati segnalati da 12 regioni, 65 casi confermati. Tutti i casi sono riferiti a infezioni occorse nel 2023 e nei primi mesi dell’anno in corso, nessun nuovo caso è riferibile al mese di agosto.

I sintomi del mpox compaiono solitamente 6-14 giorni (fino a 21 giorni) dopo l'infezione. La manifestazione clinica della malattia comprende sintomi generali, quali febbre, cefalea, mal di schiena e dolori muscolari, e un'eruzione cutanea caratteristica (papule, vescicole e pustole) (nel 95% dei casi), spesso con lesioni mucose (cavo orale) concomitanti. L'eruzione cutanea può diffondersi rapidamente in tutto il corpo entro tre giorni dalla comparsa dei primi sintomi. Può essere presente linfoadenopatia (ingrossamento dei linfonodi) e proctite (interessamento ano-rettale) . La maggior parte delle persone presenta sintomi da lievi a moderati che di solito durano da due a quattro settimane seguiti da una completa guarigione. Non sono esclusi, tuttavia, quadri severi di malattia che possono manifestarsi con localizzazioni viscerali, sovrainfezioni batteriche e altre complicanze. I bambini, le donne in gravidanza e persone con un sistema immunitario compromesso, in particolare persone con HIV non trattate, sono a rischio di sviluppare complicazioni e morte.

Il test mediante PCR/Real time PCR deve essere condotto in seguito a valutazione clinica ed epidemiologica per confermare un eventuale sospetto diagnostico per via della maggiore sensibilità e specificità.

Al contrario, il test sierologico può essere un elemento a supporto della diagnostica ma non è elemento sufficiente per porre diagnosi di infezione e richiede comunque una valutazione condotta mediante esecuzione di test molecolare mediante campione prelevato dalle lesioni cutanee (frammenti di cute, tamponi di essudato).

In genere non è necessario effettuare alcun trattamento in soggetti paucisintomatici o asintomatici.

In soggetti che presentano invece un aggravamento delle condizioni cliniche si procede alla somministrazione di antivirali che agiscono in genere interferendo con una proteina di superficie dell’ Orthopoxvirus, impedendo così la riproduzione e rallentando la diffusione del virus.

A partire da gennaio 2022 il Tecomirivat è stato autorizzato dalla commissione europea per il trattamento delle infezioni da Orthopoxvirus (vaiolo, vaiolo delle scimmie, vaiolo delle mucche), in adulti e bambini con peso corporeo di almeno 13 kg.

Altri farmaci antivirali sono in studio, inclusi il cidofovir e il brincidofovir. Tuttavia, non sono disponibili dati sull'efficacia del cidofovir nel trattamento dei casi umani di vaiolo delle scimmie.

La vaccinazione contro il vaiolo, una malattia causata da un virus correlato (quindi non specifico per il vaiolo delle scimmie), fornisce una certa protezione contro il monkeypox. Il vaccino al momento utilizzabile in Italia è IMVANEX messo a disposizione solo per le strutture pubbliche.

Diversi studi hanno dimostrato inoltre che soggetti precedentemente immunizzati per il vaiolo (ante 1981) possono raggiungere una copertura >85% per il vaiolo delle scimmie e di conseguenza avere manifestazioni sintomatologiche meno gravi.

La prevenzione della diffusione viene opportunamente contenuta con una tempestiva gestione del contact tracing. Questo consente di mettere in atto misure preventive di contagio come l’isolamento dei pazienti ritenuti potenzialmente contagiosi in attesa di valutazioni diagnostiche atte a confermare/smentire la diagnosi.

Si dovrebbe evitare il contatto ravvicinato con persone infette o materiali contaminati. Si dovrebbero indossare guanti e altri indumenti e dispositivi di protezione individuale quando ci si prende cura dei malati, sia in una struttura sanitaria che a casa. 

È inoltre fondamentale procedere alla sterilizzazione di vestiti, indumenti, lenzuola ed utensili contaminati da soggetti risultati positivi.

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