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Hiv

INFORMAZIONI SULLA MALATTIA

L’AIDS o Sindrome da Immunodeficienza Acquisita è causata dal virus HIV che ha come target le cellule del sistema immunitario. La sua azione si manifesta nella riduzione delle difese organiche e quindi nello sviluppo di infezioni opportunistiche nel decorso della patologia.

Comparso negli anni Venti del Novecento nella Repubblica Democratica del Congo, in particolare nella capitale, il virus ha continuato a propagarsi in Africa e poi nel resto del mondo per sessant’anni. Fu solo a partire dal 1981 che si iniziò a sospettare l’esistenza di una nuova malattia. Il virus fu identificato nel 1983,  da Luc Montagnier e Francoise Barrè-Sinoussi dell’Istituto Pasteur di Parigi, premi Nobel per la medicina nel 2008 proprio grazie a questa scoperta.

L’infezione è causata da un retrovirus umano, costituito da acido ribonucleico (RNA). Gli uomini sono la sola specie conosciuta colpita dall’HIV-1.
Sulla base delle sequenze dell’HIV, l’HIV-1 è quello in causa alla maggior parte dei pazienti, mentre l’HIV-2, il cui DNA ha un’omologia del 40-60% con il DNA dell’HIV-1, è comune nell’Africa occidentale.
L’uomo non è il solo animale ad essere infettato dal virus dell'immunodeficienza: scimpanzè e gatti sono ugualmente colpiti dai retrovirus denominati SIV e FIV, di cui il primo è il progenitore dell’HIV1 e HIV2.

Il virus HIV si ritrova solitamente nel liquido pre-eiaculatorio, nello sperma, nelle secrezioni vaginali, nel latte materno e naturalmente nel sangue.
Si può venire a contatto con sangue infetto con lo scambio di siringhe contaminate, con l’uso promiscuo di forbici, spazzolini o rasoi, ma anche attraverso gli strumenti utilizzati per i tatuaggi non sottoposti a sterilizzazione ottimale.
Per via sessuale la trasmissione può avvenire in occasione di rapporti vaginali, orali o anali tra un soggetto positivo e uno sano. In questi casi il rischio è aggravato da presenza ematica (ciclo mestruale, emorragie gengivali o perdite ematiche per traumatismo anale).
Durante la gravidanza, il parto e l’allattamento naturale ha luogo il trasferimento dell’infezione per via diretta dalla madre al bambino.
Si escludono dagli agenti infettivi l’utilizzo di gabinetti, palestre o docce comuni a più persone, l’utilizzo promiscuo di bicchieri e posate. Saliva, starnuti, tosse, escrezioni renali e materiale fecale non portano l’infezione da HIV, tantomeno strette di mano e baci.

Nel continente europeo l’incidenza dell’HIV viene divisa in tre fasce: alta, intermedia, bassa. L’incidenza media si attesta vicino al 30% e i paesi più colpiti sono Polonia, Lettonia e Olanda intorno al 40-50%. Quelli a bassa incidenza sono Danimarca e Svizzera, mentre l’Italia presenta incidenza  intermedia come Francia, Regno Unito e Germania intorno al 25%.Secondo dati del 2011 il 75% dei casi si rileva negli uomini con un tasso di incidenza di 6 casi ogni 100.000 residenti. L’80% delle positività è dovuto a rapporti sessuali, con età media degli infetti di 38 anni per gli uomini e 34 per le donne. Un terzo della totalità dei casi è tra stranieri immigrati che ricevono poi una diagnosi tardiva.

Un’importante caratteristica dell’AIDS è l’asintomaticità dell’individuo sieropositivo, soprattutto nel primo periodo dopo l’infezione. Possono alternativamente presentarsi sintomi aspecifici, quali perdita di appetito, nausea, dolori lungo il colon con diarrea, dolori articolari, sudorazione, febbre, linfonodi che aumentano di volume. Queste ghiandole possono essere interessate da rigonfiamenti notevoli, che arrivano a superare il diametro di un centimetro, nelle sedi extra inguinali. Altri sintomi ancora quali stanchezza, perdita di peso, obiettività a livello di mucosa e cute come un’imponente DS (dermatite seborroica), lesioni precancerose (leucoplachia orale villosa), candidiasi del cavo orale, sarcoma di Kaposi e condilomi genito-anali rendono questa prima fase caratterizzata da una sintomatologia variegata. Possono poi incorrere infezioni opportunistiche come la polmonite da Pneumocystis jirovecii (ex Pneumocystis Carinii) e patologie associate: epatite B e C, sifilide etc.

L’infezione può essere confermata mediante test ematici per la rilevazione di anticorpi specifici, come:

  • Test Elisa (immunoenzimatico) che rileva anticorpi mirati per HIV e se positivo deve essere confermato da altro test (Western Blot).
  • Test per l’antigene p24 nel sangue indica l’infezione nelle prime settimane dopo l’esposizione al virus, prima anche della produzione anticorpale (mediamente 16 gg dal contagio poi test ELISA dopo 3 mesi).
  • Test sierologico di IV generazione (test Combo) ricerca in modo simultaneo anticorpi anti HIV e antigene p24 (la proteina virale).
  • Test NAT (Nucleic Acid Test) per la presenza di materiale genetico/virale HIV-RNA nel sangue.
  • Test rapido HIV

Oggi sono disponibili, in alternativa ai test tradizionali, i test rapidi su saliva o sangue. Tali test sono in grado di individuare la presenza di anticorpi anti-HIV, presentano un apprezzabile livello di sensibilità e specificità e possono essere effettuati anche in assenza di personale sanitario esperto. I test rapidi rappresentano un aiuto nella diagnosi precoce del virus: sono acquistabili in farmacia e si possono effettuare da soli seguendo accuratamente le raccomandazioni allegate al kit. Tuttavia, non sono considerati diagnostici e in caso di positività richiedono comunque una conferma attraverso il tradizionale test di laboratorio. I kit rapidi sono test immunocromatografici per una rilevazione qualitativa degli anticorpi anti HIV di tipo 1, 2 e sottotipo 0 nel sangue intero, siero o plasma, con un prelievo dal polpastrello della mano. Il campione di sangue (intero, siero o plasma) reagisce con particelle ricoperte di antigene HIV (ricombinante) nella linea del test. Se il campione contiene anticorpi dell’HIV-1 e/o sottotipo 0 o HIV-2 appare una linea colorata nella zona della linea del test. Se il campione invece non contiene anticorpi non compare alcuna linea e quindi il risultato è negativo. Questo auto-test è affidabile per determinare infezioni da HIV sviluppatesi almeno nei tre mesi precedenti il test (periodo finestra). Non rileva infezioni recenti e il suo carattere qualitativo non può dare notizie quantitative nè l’incremento degli anticorpi. Si può eseguire questo tipo di test se si hanno rapporti occasionali in modo periodico, tanto più se tali rapporti sono numerosi.

L'attuale terapia antiretrovirale sopprime la replicazione del virus dell’HIV, conserva o ripristina i conteggi delle cellule CD4 (un tipo di globuli bianchi) e la funzione immunitaria, riduce la morbilità e la mortalità e prolunga la sopravvivenza in base a quella della popolazione generale. Le attuali linee guida per il trattamento in tutto il mondo consigliano di iniziare la terapia per chiunque venga infettato dal virus, indipendentemente dalla malattia precedente, ai sintomi, ai segni, dai livelli dell'HIV RNA o sul conteggio delle cellule CD4. Gli attuali regimi terapeutici di prima linea sono costituiti da tre farmaci antiretrovirali, spesso formulati in un’unica soluzione, consentendo un regime di trattamento orale in una sola pillola giornaliera. Questi regimi (chiamati HAART, Highly Active Antiretroviral Therapy) si traducono in una soppressione virologica per oltre l'80% dei pazienti infetti da HIV. Enzimi specifici del virus necessari per la moltiplicazione nelle cellule target (linfociti CD4+) quali integrasi, trascrittasi inversa, proteasi sono bloccati da farmaci quali:

  • Inibitori dell’integrasi (enzima per integrazione del genoma del virus all’interno del DNA cellule umane).
  • Inibitori della trascrittasi inversa.
  • Inibitori proteasi (enzima che può spezzare proteine).
  • Inibitori della fusione (che arrestano l’ingresso del virus nei CD4+).

Questi farmaci si devono impiegare insieme più antiretrovirali. La terapia non è in grado di eliminare il virus dall’organismo poiché quest’ultimo permane nelle cellule infette. Tuttavia, l’obiettivo della HAART è bloccare la moltiplicazione del virus, evitando così la progressione dell’infezione.

È necessario evitare comportamenti sessuali a rischio, soprattutto se coinvolgano un numero elevato di partner dallo sconosciuto stato di salute. Va evitato lo scambio di siringhe, l’uso in comune di spazzolini, forbici e rasoi e in generale il contatto con sangue infetto. L’utilizzo del profilattico riduce il rischio di infezione. Sono stati compiuti progressi sostanziali anche nello sviluppo di strategie per prevenire la trasmissione e l’acquisizione dell'HIV. Nel 2016, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha convenuto che è necessario un rapido intervento per eliminare l’AIDS entro il 2030 e ridurre le nuove infezioni da HIV a meno di 500.000 casi all'anno entro il 2020 in tutto il mondo. La risposta è principalmente attraverso il progresso continuo verso il bersaglio 90-90-90: ovvero entro il 2020,

  • il 90% di tutte le persone che vivono con l'HIV conoscerà il loro stato dell'HIV,
  • il 90% di quelle diagnosticato riceverà la terapia antiretrovirale
  • il 90% Avrà una soppressione virale attraverso i trattamenti terapeutici

PrEP
La Pre-Exposure Prophylaxis (PREP) è un nuovo intervento biomedico di prevenzione dell'HIV, che prevede l'utilizzo di farmaci antiretrovirali quotidiani (o sporadici), per ridurre il rischio di acquisizione dell'HIV in caso di esposizione. Questo tipo di profilassi prevede l’associazione di due farmaci e si è dimostrata efficace nella prevenzione della trasmissione dell’infezione di HIV. Già dalla metà degli anni Novanta si è dimostrato che la profilassi con antiretrovirali in gravidanza può ridurre in modo efficace il rischio di trasmissione materno-fetale, stimata oggi a meno dell’1% in presenza di un appropriato trattamento della donna in gravidanza.

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