La tutela di chi lavora costituisce l’ineliminabile fondamento di qualsiasi società che voglia essere rispettosa dei valori umani.
Il quadro normativo che tutela la maternità viene regolamentato da norme che nascono a scopo protezionistico volte alla tutela della salute e della sicurezza delle lavoratrici. Per capire i diritti che spettano alla lavoratrice madre in quanto tale (la tutela deve essere applicata anche alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione e affidamento fino al compimento dei sette mesi d’età) dobbiamo partire dalla fonte che parla dei diritti della donna all’interno del mondo del lavoro e questa fonte è l’articolo 37, Comma 1 della Costituzione:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.”
A partire dunque dall’articolo 37 della Costituzione andiamo ad esaminare il complesso quadro normativo che disciplina la tutela della maternità e di come esso sia fondamentale per la corretta stesura dei singoli protocolli e del DVR all’interno dell’ambiente in cui la donna svolge la propria attività lavorativa. La maternità,è un diritto fondamentale. La discriminazione della donna per il suo stato di gravidanza o maternità costituisce una grave violazione del principio di uguaglianza. Tale discriminazione è chiamata anche gender plus. Si tratta comunque di fattori di discriminazione che coinvolgono anche la paternità, ma in questo caso non discriminando in base al genere ma in base al ruolo.
Il compito del Datore di Lavoro e del Medico Competente nella stesura del DVR deve, pertanto, avere tra le finalità primarie quello di riconoscere il valore sociale della maternità e la tutela della vita umana dal suo inizio.
La tutela nel DVR
Devono essere valutate le modalità di modifica delle condizioni di lavoro ai fini dell’eliminazione del rischio. Ad esempio la lavoratrice non può essere adibita al lavoro notturno (24.00-6-00) nel primo anno di vita del bambino e ha diritto a due ore di riposo giornalieri (se attività oltre 6 ore) oppure in rimando all’articolo 37 della Costituzione dove si esplicita un’adeguata protezione anche al bambino, in caso di allattamento protratto oltre il settimo mese dovrà essere valutata insieme al Medico Competente la non esposizione ad attività lavorative a rischio per l'allattamento con conseguente eventuale formulazione di un giudizio di non idoneità a tali mansioni.
Il decreto D.Lgs. 151/01,(nel quale confluisce il D.Lgs. 25 novembre 1996 n. 645 “Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento”) prescrive al Datore di Lavoro di integrare i rischi mansione /specifica indicati ai sensi del D.Lgs. 81/08 al fine di valutare preventivamente i rischi per la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere e in allattamento ed in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici (dando seguito al D.Lgs. 25 novembre 1996 n. 645).
La Circolare del Ministero del Lavoro Prot. 3328 del 16/12/2002 indica in modo esplicito che il Datore di Lavoro deve effettuare una valutazione preventiva dei rischi relativi alla salute e alla sicurezza delle lavoratrici gestanti e allo stesso tempo le misure di protezione che devono essere adottate. Di tale analisi dei rischi devono essere informate le lavoratrici al momento dell’ingresso alla propria mansione specifica lavorativa, allo stesso modo è molto importante che le dipendenti comunichino il proprio stato in modo tale da valutare i rischi specifici e adottare la dovuta tutela in relazione alla propria mansione.
All’interno del DVR deve pertanto essere inserita un’apposita sezione con riferimento alle lavoratrici gestanti nella quale il Datore di Lavoro con il RSPP devono, oltre che valutare i rischi sul luogo di lavoro (rischio d’infortunio e rischi per la salute), individuare e valutare le mansioni che possono essere a rischio per le lavoratrici gestanti e valutare gli eventuali rischi generici presenti sul luogo di lavoro. In ragione di ciò nel caso ci sia una mansione a rischio le lavoratrici in età fertile devono essere informate di dover segnalare tempestivamente lo stato di gravidanza.
L’iter per la tutela della lavoratrice sui luoghi di lavoro può seguire schematicamente i seguenti passaggi:
- La lavoratrice deve comunicare al proprio Datore di Lavoro la propria gravidanza, tramite apposito certificato compilato dal ginecologo.
- Il Datore di Lavoro verifica se la mansione della lavoratrice rientra tra quelle a rischio per la gravidanza, anche richiedendo il parere del Medico del Lavoro. Nel caso che la mansione svolta risulti a rischio il datore di lavoro valuta eventuali mansioni alternative cui si potrebbe adibire la lavoratrice gravida e ne verifica le compatibilità, se non risulta la possibilità di adibire la lavoratrice a mansione non a rischio, la lavoratrice richiederà, tramite apposita domanda, alla Direzione Provinciale del Lavoro l’interdizione dal lavoro per “attività lavorativa pericolosa, faticosa, insalubre prima del parto” di cui all’art.17 comma 2 lett. B e C del D.Lgs 151/2001.
- Il datore di lavoro, se la mansione non è a rischio, deve informare la lavoratrice e RLS dei rischi presenti sul luogo di lavoro, sulle attività che devono essere evitate e sui DPI idonei, sulle norme di tutela di tipo amministrativo e contrattuale prevista.
In caso di gravi complicanze relative alla gestazione o a forme morbose preesistenti che potrebbero essere aggravate dalla gravidanza, la gestante dovrà produrre la relativa documentazione all’ufficio dell’ASL di competenza in modo da ottenere il provvedimento di interdizione anticipata dal lavoro che viene emesso dalla Direzione Provinciale del Lavoro. In caso di assenza di tali complicanze la gestante può usufruire del Congedo di maternità.
Il congedo di maternità
Per congedo di maternità si intende l'astensione obbligatoria dal lavoro della lavoratrice per un periodo di 5 mesi che precede e segue il parto. Durante questi 5 mesi, per il datore di lavoro, c'è il divieto di adibire al lavoro le donne. La durata complessiva del congedo di maternità è pari a 5 mesi e può essere fruito:
- durante i due mesi precedenti la data presunta del parto;
- ove il parto avvenga oltre tale data, per il periodo intercorrente tra la data presunta e la data effettiva del parto;
- durante i tre mesi successivi al parto.
Oppure:
- un mese precedente il parto;
- e quattro successivi (per poter lavorare fino all’ottavo mese completo di gestazione, la lavoratrice deve ottenere un’attestazione medica dalla quale risulti che tale scelta non arrechi danno alla salute del nascituro o della gestante).
Anche per il rientro al lavoro deve essere prevista una procedura da seguire. Nel momento in cui una lavoratrice in astensione obbligatoria informa dell’avvenuta nascita del figlio il Datore di Lavoro, questi valuta se la mansione svolta rientra tra quelle a rischio per l’allattamento, valutando la disponibilità di eventuali mansioni alternative e richiedendo il parere del medico del lavoro. La lavoratrice richiederà, tramite apposito modulo, alla Direzione Provinciale del Lavoro l’autorizzazione all’esenzione dal lavoro (che può essere concessa fino ad un massimo di sette mesi dopo il parto) per la motivazione di cui all’art. 17 comma 2 lettera B e C del D. Lgs 151/01.
Tale certificazione è rinnovabile, ed è previsto che alla sospensione la lavoratrice venga sottoposta a visita per il giudizio di idoneità.
La stesura corretta dell’Appendice per le donne in gravidanza al DVR permette pertanto di migliorare la sicurezza delle gestanti sul luogo di lavoro r come indicato nell’Articolo 37 della costituzione italiana Comma 1 di “assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione”.
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Fonti
- D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81
- Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n.151, “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”
- La valutazione dei rischi lavorativi, Autori :Carducci – Triassi, Edizione:2013
- Manuale Di Medicina del Lavoro, Autori: Pira - Romano – Carrer, Edizione: 2020