Per lavoro notturno s’intende qualsiasi prestazioni lavorativa tra le ore 00:00 e le ore 6:00. Le ore di lavoro notturno sono in generale riconosciute come maggiormente usuranti e stressanti per qualunque individuo.
L’uomo, in condizioni naturali, è una specie diurna. L’esposizione alla luce, infatti, inibisce la secrezione della melatonina, l’ormone che regola il ritmo sonno-veglia, da parte della ghiandola pineale: la secrezione è massima nelle ore centrali della notte e minima in quelle del giorno. Viene da sé che esporsi alla luce artificiale condiziona la secrezione dell’ormone “simulando” per l’organismo un orario diurno anziché notturno e ciò può portare ad alterazioni del ritmo sonno-veglia.
Il lavoro notturno comporta inevitabilmente l’esposizione alla luce artificiale e dunque ad alterazioni del ritmo circadiano del lavoratore che in casi estremi può arrivare addirittura alla completa inversione (ovvero dormire nelle ore diurne ed essere svegli nelle ore notturne).
L’alterazione del ritmo sonno-veglia causa:
L’effettivo aumento della frequenza di incidenti in orario notturno è un argomento ancora dibattuto ma resta comunque interessante notare che famosi incidenti causati da errori umani della nostra storia recente siano avvenuti in orario notturno, citiamo ad esempio quello delle centrali nucleari di Three Mile Island e Chernobyl.
Il lavoro notturno porta anche il lavoratore a seguire dei comportamenti dannosi per la propria salute: è stato visto come i turnisti siano maggiormente propensi all’abuso di caffeina e all’abitudine al fumo; sono inoltre tendenti ad un’alimentazione di qualità più scarsa sia per la chiusura dei locali di ristoro (mense, bar, tavole calde) sia per la naturale incapacità di consumare pasti completi equivalenti in quantità e qualità a quelli delle ore diurne.
Non trascurabile è anche l’aspetto psico-sociale dei turni notturni, ovvero l’impossibilità per alcuni lavoratori di coltivare le relazioni sociali in maniera soddisfacente ed efficace, condizione che può portare allo sviluppo di ansia e depressione che possono peggiorare la qualità della vita e del lavoro.
A lungo termine gli effetti delle condizioni già citate possono portare ad aumento del rischio cardiovascolare (e quindi aumento della probabilità di ipertensione, infarti e ictus), disturbi dell’alimentazione (sovrappeso, obesità), aumento dei livelli di colesterolo, aumento del rischio di diabete tipo 2, sindromi depressive, aumento del rischio di dipendenze, aumento dei disturbi del tratto gastrointestinali (ad esempio ulcere gastriche). Non è invece chiaro se vi sia un aumento del rischio riguardo lo sviluppo di patologie tumorali (fermo restando che abitudini come il fumo siano fattori di rischio per il cancro al polmone).
Essendo l’età di per sé un fattore di rischio per molte delle condizioni cliniche appena citate ed essendo un fattore sul quale non è possibile agire, risulta evidente come il lavoratore over 50 sia un soggetto naturalmente più esposto a queste condizioni cliniche.
Vi possono essere, su base medica, esoneri specifici il lavoro notturno che, pur non intaccando l’idoneità del lavoratore al lavoro diurno, impediscono allo stesso di lavorare la notte. L’età anagrafica in sé non risulta un motivo sufficientemente valido per far scattare in maniera “automatica” l’esenzione ma eventuali condizioni che espongono il lavoratore ad un rischio concreto di sviluppare condizioni morbose in associazione all’età, possono essere condizione sufficiente all’esonero del lavoratore dalle stesse turnazioni.
Non esiste una regola generale e l’idoneità ai turni notturni è stabilita dal medico anche in rapporto della mansione specifica del lavoratore.
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