La sigla DPI si riferisce al concetto per esteso “Dispositivo di Protezione Individuale” e di conseguenza gli strumenti di cui il lavoratore può usufruire in ambito professionale con la finalità di proteggere sé stesso ed in seconda istanza la collettività.
Disponiamo di diversi tipi di DPI sulla base dei distretti maggiormente a rischio:
Vengono ulteriormente stratificati in tre categorie:
Mai come oggi il concetto di dispositivo di protezione individuale ha assunto un ruolo fondamentale nella prevenzione della diffusione di malattie a trasmissione interumana, come nel caso del virus SARS-CoV-2 ma anche di molteplici altre infezioni.
L’uso del DPI è ovviamente di gran lunga antecedente alla pandemia che vede il secolo attuale come protagonista e regolamentato dal decreto legge 81/08 che stabilisce all’articolo 74 “Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato “DPI”, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.
Possiamo escludere da questa categoria attrezzature di soccorso o salvataggio, le uniformi o gli indumenti di lavoro comunemente usati nello svolgimento dell’attività professionale, le attrezzature usate dalle forze armate o più in generale dalle forze dell’ordine, strumenti di autodifesa atti al garantire il mantenimento dell’ordine pubblico.
Rimane ovvio, che l’uso del DPI, ha come fine ultimo la tutela della salute del professionista e di conseguenza il suo impiego non deve comportare un rischio maggiore per il medesimo: esistono infatti categorie esenti per motivi di salute dall’impiego del DPI laddove l’uso di quest’ultimo comporti un rischio maggiore di quanto non sia il beneficio derivante dal medesimo.
Di fondamentale importanza è inoltre che il DPI sia adeguato alle condizioni di lavoro nel quale il lavoratore si trova a svolgere la sua attività professionale come regolamentato all’articolo 76 del D.lgs. 81/08. L’obbligatorietà dell’uso del DPI si verifica quando il rischio non può essere evitato o ridotto a sufficienza mediante tecniche di prevenzione, mezzi di protezione collettiva o misure di riorganizzazione del lavoro.
Gli ambiti nei quali il DPI trova largo impiego ai fini della prevenzione di un danno di salute per il professionista sono molteplici. Ovviamente la prevenzione della diffusione di infezioni nel contesto pandemico è stata un esempio cardine dell’importanza di un uso appropriato di strumenti di difesa collettiva ed individuale.
Negli ospedali è stata misura prioritaria e supportata da diverse evidenze scientifiche quella di contrastare, già ai primi albori della pandemia, l’infezione da SARS-CoV-2 mediante l’impiego di mascherini chirurgiche e laddove necessario FPP2/FFP3 sulla base del tipo di contatto e del rischio di contrarre l’infezione. È infatti precocemente emerso che oltre alla distanza (<1 metro), il tempo di esposizione (>15 minuti), l’impiego del DPI aveva un ruolo prioritario per la tutela del professionista esposto al rischio di contrarre infezione.
Di fondamentale importanza è valutare la conformità del DPI, che deve essere fornito insieme a documentazione tecnica dettagliata che fornisca indicazioni su uso cui è destinato, rischi prevenibili, informazioni sulla progettazione e fabbricazione del medesimo, spiegazione del funzionamento nonché riferimenti normativi.
Le responsabilità nell’uso del DPI ricadono tanto sul lavoratore quanto sul datore di valoro, che hanno l’obiettivo comune di tutela della salute individuale e collettiva:
In conclusione, il dispositivo di protezione individuale è un’arma potente a disposizione di entrambi, e se si collabora con l’obiettivo comune della tutela della salute, il beneficio ottenuto è un valore aggiunto per il lavoratore e per la struttura nella quale presta servizio.
D.lgs. 81/08