Malaria - La storia in Italia

  • maggio 27, 2022

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Sono passati 51 anni da quando il 17 novembre del 1970 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarò l’Italia ufficialmente libera dalla malaria.

La stessa malaria che tutt’oggi rappresenta una delle più grandi sfide per la salute globale, causando circa 228 milioni di casi di infezione e 400.000 decessi ogni anno.

Storicamente, si stima che in Italia i tre parassiti malarici (P. vivax, P. falciparum e P. malariae) erano endemici dal II secolo a.C., quindi da oltre 2.000 anni, soprattutto nelle zone paludose del Veneto, delle Isole e dell’Italia centro-meridionale.

Grazie alla prima raccolta dati nel 1887, si è stimato che fino ad allora erano milioni i casi di infezione e oltre 20.000 i decessi ogni anno.

Carta_della_Malaria in_Italia

Fig1: Map of malaria distribution in Italy. Torelli, Firenze, Pellas, 1882. (Reprinted from: Il Laboratorio di Malariologia. A cura di Giancarlo Majori e Federica Napolitani. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2010. (I beni storico-scientifici dell’Istituto Superiore di Sanità, Quaderno 5)

Già dai primi del Novecento, la malaria venne combattuta con importanti politiche nazionali dirette alla bonifica dei territori, alla denuncia obbligatoria dell’infezione, al libero accesso del chinino e a campagne di educazione e prevenzione rivolte alla popolazione. «Lo Stato si assunse l’onere di acquistare chinino di qualità garantita sul mercato internazionale, confezionarlo in pasticche e distribuirlo in tutte le zone malariche incluse nel programma. Il farmaco sarebbe stato fornito gratuitamente ai poveri e a tutti coloro che lavoravano all’aria aperta: il chinino, che fino ad allora era stato esclusivo appannaggio dei cittadini più facoltosi, era finalmente alla portata di tutti» (Snowden, p. 61). In considerazione però che la popolazione più a rischio di infezione era quella che abitava nelle campagne, e considerata la difficoltà di raggiungere tale popolazione, il successo della campagna di eliminazione della malaria è dato dal risultato di sforzi collettivi tra autorità governative, locali, medici, sanitari e volontari. L’impegno congiunto non si è limitato a distribuire il farmaco alla collettività, ma unitamente ha implementato vere e proprie campagne di informazione e di educazione sanitaria sulle pratiche di prevenzione e sugli schemi di trattamento, in modo da massimizzarne l’efficacia.

Gli sforzi si tradussero velocemente in traguardi. Nel 1914, all’alba della Prima guerra mondiale, i casi di infezione annuali si ridussero a 110.000 e 2045 decessi, contro le 15 865 vittime del 1900.

Successivamente nel 1928, la lotta alla malaria diventò uno degli obiettivi centrali della politica fascista. La strategia, chiamata “integrale”, consisteva di aggiungere all’utilizzo del chinino tre pratiche di bonifica: idraulica (drenaggio delle paludi e controllo delle fonti d’acqua), agraria (ripopolamento dell’area tramite incentivi agricoli), igienica (condizioni abitative sicure con murature imbiancate). L’Agro Pontino, a sud di Roma, è stata l’area target su cui si sono concentrati maggiormente gli sforzi: 10 anni di impegno, oltre 120.000 lavoratori, 16.500 km di canali di drenaggio, cinque nuove città edificate.

Non troppo lontano però, con l’ingresso dell’Italia in guerra nel 1940, la lotta antimalarica ebbe una frenata, con il conseguente aumento dei casi., fino al 1945.

Il piano sanitario che portò successivamente all’eliminazione della malaria derivò dall’United Nations Relief and Rehabilitation Administration (UNRRA) e dalla Rockefeller Foundation, che nel 1946 offrì 1.18 miliardi di lire per un programma quinquennale, dove venne prediletto l’impiego dei nuovi insetticidi, il DDT. Con l’impiego del DDT insieme ad iniziative intensive consentirono la liberazione dalla malaria su tutto il territorio italiano.

Nel 1962 si verificarono gli ultimi due casi a Palermo e nel 1965 avveniva l’ultimo caso di trasmissione di P. malaria e da parte di una zanzara locale.

La Malaria è stata endemica in Italia fino al 1950. Agli inizi del 1900, quando fu intrapresa la prima campagna nazionale per l’eliminazione della malattia, erano riportati in Italia più di 2 milioni di casi e circa 10 mila morti l’anno. Veniva considerata una malattia “professionale” responsabile di un danno economico insostenibile per il paese. E possiamo ben capire ora, in questo periodo di pandemia COVID, quanto sia reale questa affermazione. In meno di 50 anni, il forte impegno politico, gli investimenti adeguati e l’applicazione delle conoscenze scientifiche della eccellente Scuola Italiana di Malariologia hanno permesso di realizzare degli interventi risolutivi che portarono all’eliminazione della malaria in Italia già nel 1960”, ricorda la professoressa Taramelli.


 

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