Il vaccino di tipo anti pneumococcico viene utilizzato per proteggere dalle polmoniti riferibili a batteri.
I target più a rischio sono gli anziani, i bambini entro i 5 anni e soggetti con patologie croniche, quelli con diabete ad esempio, con BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) e cardiopatie ischemiche.
Chi è il maggior responsabile di queste polmoniti?
Lo Streptococcus Pneumoniae detto anche più comunemente Pneumococco.
Il bacillo di Fraenkel, altro nome suggestivo dello pneumococco, è quindi il maggiore titolare della polmonite negli adulti. È un batterio positivo alla colorazione di Gram, appartenente al genere Streptococcus e formato da due cocchi dal tipico disegno a fiamma derivato dalla loro unione (da cui anche Diplococcus pneumoniae).
Questi batteri arrivano di norma ai polmoni per tragitto inalatorio o per aspirazione. Nei bronchioli accendono una reazione infiammatoria, con essudazione di liquido denso di proteine. A seguire da questi liquidi si permette la diffusione agli alveoli contigui, fino alla tipica polmonite lobare.
Un batterio questo estremamente importante nella storia della medicina, perché il Diplococcus pneumoniae e due sue varianti, permisero all’inglese Frederick Griffith nei suoi esperimenti di genetica molecolare nel 1928, di scoprire il “fattore modificante” che la scienza successivamente riconobbe nel DNA.
Altre infezioni comunque sono legate allo pneumococco, oltre alla polmonite lobare: la meningite, batteriemia e sepsi, infezioni dei seni paranasali, infezioni dell’orecchio (otite media). Sono più di 90 i tipi di pneumococco e oltre alle malattie croniche (disturbi cardiaci, diabete etc.) altri problemi incidono sul rischio di sviluppare infezioni quali: utilizzo di alcuni farmaci (come corticosteroidi e chemioterapici), assenza dell’organo splenico (comunemente chiamata milza) funzionante, anemia, fumo, malattie con deficit immunitario (HIV), alcolismo.
Ma è la bronchite cronica, in particolare nei soggetti anziani, che può essere un aiuto fondamentale allo sviluppo infettivo di questo battere.
I bambini (gli anziani oltre i 65 anni) in particolare al di sotto dei 5 anni di età e a partire dal 6° mese di vita sono il target preferito da questo battere, e quindi le infezioni da pneumococco sono un importante, serio problema di sanità pubblica. I bambini poi non sono ancora in grado in termini di ipotesi di sviluppare anticorpi verso gli antigeni polisaccaridici del battere.
Nelle nazioni in sviluppo lo pneumococco è poi con la sua risultante di pericolosità facilitato dalle condizioni di scarsa igiene del Paese.
Le infezioni pneumococciche sono dovute nella maggioranza dei casi a uno o vari batteri in particolare 12 siero gruppi: 1,3,4,5,6,7,8,9,14,18,19,23. Nei bambini possiamo invece identificare come più comuni il 4,6,9,14,18,23.
Ma è opportuno ritornare al tema dei soggetti con età maggiore di 65 anni e con malattie croniche e comunque anche ai bambini di età inferiore ai 5 anni.
La politica di tipo vaccinale quale prevenzione oggi è sicuramente la più indicata efficiente e sicura. Abbiamo due tipi di realtà per vaccinarsi: polisaccaridico 23-valente nei bambini sopra i 2 anni e adulti, quello coniugato 13-valente nei bambini e adulti, che sostituisce il coniugato che era mirato contro 7 tipi di batterio pneumococcico inserito nella pratica prevenzionale dal 2002.
Il vaccino PVC13 è inattivato, si parte dal frammento del microorganismo legato a proteine che esalta l’efficacia (lattanti, bambini fino a 5 anni e adulti a forte rischio, sierotipi 1-3-4-5-6A-7F-9V-14-18C-19A-19F-23F) viene somministrato per via iniettiva intramuscolare. Non fa parte delle vaccinazioni obbligatorie, ma proposto e consigliato con vaccino esavalente (difterite, pertosse, tetano, poliomielite, epatite B e haemophilus influenzae B) dalle 6 settimane a 5 anni, tra 6 e 17 anni, fino ad adulti >50 anni.
Alcune considerazioni sono opportune: i vaccini polisaccaridici sono poco immunogeni, perché sono incapaci di produrre anticorpi verso il polisaccaride dello pneumococco e in particolare in bambini sotto i 5 anni. Tali vaccini sono quindi timo-indipendenti, non stimolano di conseguenza le cellule T e non danno origine a cellule della memoria.
È opportuno quindi vaccinare i soggetti prima con un vaccino coniugato, che incita la produzione di anticorpi attraverso la coniugazione, con un netto incremento della qualità e durata della risposta immunitaria. Comunque dopo 2 mesi da questo vaccino ci si può vaccinare con il polisaccaridico 23-valente, particolarmente utile in persone sopra i 65 anni che presentano rischio e patologie croniche, da proteggere dal temibile pneumococco.
La vaccinazione riduce la gravità del quadro clinico in caso di contagio da pneumococco e la mortalità in persone immunocompetenti, non dando alcun problema di tollerabilità.
Va infine ricordato che oggi non esistono evidenze di tipo scientifico che attestino una capacità protettiva di questo vaccino verso l’infezione da Coronavirus e che uso di mascherine, igiene delle mani e distanziamento sociale sono le sole possibilità di ridurre la diffusione del virus.