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Conosciamo meglio la diarrea del viaggiatore

Scritto da Berta Mauro | May 28, 2022 7:45:00 AM

Ogni anno si stima che i viaggiatori internazionali, target di questa sindrome, siano colpiti in una percentuale variabile dal 20 al 30% (quantificabili in circa 10 milioni di soggetti). Il rischio dipende dalla meta del viaggio e il numero più elevato si riferisce a spostamenti per lavoro o vacanza in aree in via di sviluppo (Africa, Medio Oriente, America latina e Asia). Può verificarsi all’improvviso durante il viaggio oppure anche dopo il ritorno in patria.

Più comunemente la causa è relativa a ingestione di alimenti e acque contaminate da materiale fecale. Si può ritrovare facilmente in acque che mancano di una sicura e adeguata purificazione.

Al di là di cibi e bevande, dobbiamo ricordare le altre fonti quali:

  • lavaggio dei denti;
  • il ghiaccio;
  • la frutta e verdura trattate con acqua contaminata;
  • cibi poco cotti o crudi in particolare pesce;
  • locali poco puliti o con mosche.

Non dimentichiamo che porre attenzione a quanto sopra ci aiuta ad evitare varie patologie a trasmissione alimentare, oltre alla così detta diarrea del viaggiatore: epatite A, infezioni parassitarie, tifo.

Per quanto riguarda i microrganismi circa l’80% è identificabile in batteri, 8-10% virus e 10% protozoi patogeni intestinali: a parte “il re” della diarrea del viaggiatore (Escherichia Coli) possiamo ricordare Campylobacter jejuni, Salmonella spp, Shigella dysenteriae e spp. Tra i virus norovirus, rotavirus, calicivirus, mentre tra i protozoi la Giardia lamblia e la più rara Entamoeba coli e histolytica.

Dobbiamo comunque distinguerla dall’intossicazione da cibo, diarrea accompagnata da vomito per l’ingestione di tossine con gli alimenti (che si risolve in poche ore).

Abbiamo quindi tre forme:

  1. forma batterica: periodo di incubazione 6-48 ore, compare all’improvviso con crampi ai quadranti inferiori dell’addome, scariche diarroiche, febbre, a volte vomito e a volte sangue durante l’evacuazione;
  2. forma virale: periodo di incubazione come per la batterica 6-48 ore. Simile anche la clinica ma con vomito più profuso (norovirus);
  3. forma protozoaria: periodo di incubazione 1-2 settimane e quindi raramente si manifesta nel primo periodo del viaggio. I sintomi sono meno violenti e intensi, raramente vomito e 2 a 4 scariche diarroiche al giorno.

Se queste forme non vengono trattate hanno una durata media variabile: 3-5 gg quella batterica, 2-3 gg la virale. Le forme protozoarie possono persistere per periodi anche molto lunghi, da settimane a mesi.

I soggetti più a rischio, tra questi come già evidenziato immunodepressi, diabetici, coloro i quali hanno ipocloridria (scarso ac. cloridrico gastrico) da farmaci e quelli con patologie infiammatorie intestinali. Questi soggetti particolarmente sensibili, prima di un viaggio in località a rischio, dovrebbero eseguire una consulenza pre-viaggio e seguire una profilassi indicata da uno specialista della medicina dei viaggi.

In questi viaggiatori è più alto il rischio di complicazione del quadro clinico della diarrea del viaggiatore. Complicazione identificabile con la disidratazione e alterazioni dell’equilibrio idrico e di sali, ricordando forme di colera. I sali persi con diarrea e vomito sono rappresentati principalmente dal potassio che va sicuramente reintegrato.

La profilassi va riservata ai soggetti citati a rischio di forme più durature, intense e gravi. Una prima copertura è anche fornita dal vaccino orale anticolera (in particolare contro l’E. coli).

Uno dei primi agenti contro i microrganismi, già valutato e usato, è stato il subsalicilato di bismuto (ma con effetti collaterali del tipo annerimento lingua e feci, non può essere utilizzato però nell’insufficienza renale, allergia ai salicilati e soggetti in trattamento con anticoagulanti). Qualche dubbio della letteratura è riferito a veri vantaggi ottenibili con la profilassi a mezzo probiotici quali fermenti lattici.

Quella antibiotica è certamente una realtà efficace nella prevenzione: doxiciclina, rifaximina.

Ma è necessario seguire delle indicazioni del proprio medico curante o di un medico specializzato nella Medicina dei Viaggi.

Profilassi comportamentale

  • prima del pasto lavare e disinfettare bene le mani;
  • bere acqua o bevande imbottigliate (oppure farla bollire);
  • lavarsi i denti con acqua minerale in bottiglia;
  • evitare bibite non sigillate e ghiaccio;
  • mangiare cibi cotti e caldi (in particolare pesce), quindi evitare cibi crudi;
  • evitare le macedonie di frutta;
  • mangiare in locali che appaiono puliti, ordinati e senza mosche;
  • prima di partire andare nei centri di medicina del viaggiatore o tropicale per avere una “scheda” panoramica dei rischi che possono derivare da un viaggio in paesi in via di sviluppo o con scarse condizioni igieniche. Sarà anche spiegata la problematica con tutti i consigli utili per evitarla o affrontarla.

 

Terapia

Molti episodi diarroici sono autolimitanti con risoluzione in tempi brevi. La reidratazione è sicuramente importante, in particolare per anziani e bambini. I fermenti lattici sono particolarmente utili per “ristrutturare” la flora batterica intestinale durante e dopo gli attacchi diarroici.

Anche l’uso di antibiotici aiuta a ridurre limitatamente la durata dei sintomi.

Naturalmente la terapia deve comportare l’assunzione contemporanea di liquidi e misure di alimentazione adeguate, per “sostenere” la terapia nell’efficacia, evitando la possibile disidratazione consequenziale, con perdita anche di sali ed elettroliti. I liquidi dovranno essere ricchi di potassio e sodio. Tale assunzione sarebbe utile che contenesse sostanze alcalinizzanti, per contrastare la possibile acidosi che si affianca alla diarrea del viaggiatore.

Dieta

In aiuto all’organismo consigliamo di evitare l’assunzione di alcolici, caffè, bevande zuccherate e sport drink di tipo salino (sono iperosmolari e ricchi di zucchero peggiorando così la situazione intestinale). I cibi dovranno essere, dopo il primo giorno di sintomi, poveri di fibre e digeribili, in piccoli pasti durante la giornata. Si consigliano in particolare cibi secchi, come cracker, riso e pasta, purea di mele o carote. La parte proteica dovrà essere povera di grassi (pesce magro al vapore estremamente consigliato).

Abbiamo sottolineato una dieta povera di fibre, quindi evitare cereali integrali, verdura e frutta.

Ma perché allora purea di mele o carote sono consigliati?

Perché sono caratterizzate da pectina, fibra solubile con proprietà assorbenti che riescono a dare consistenza alle feci. Anche le banane possono essere utilizzate, perché, oltre la ricchezza di potassio, presentano amido resistente, fermentato dalla flora intestinale, che produce acidi grassi a catena corta fondamentali per la mucosa dell’intestino.

Alcuni specialisti in scienza dell’alimentazione, per questo tipo di diarrea consigliano la Bratty diet, un acronimo che ricorda:

  • Bananas (banane);
  • Rice (riso);
  • Applesance (purea di mele);
  • Tea (the);
  • Toast;
  • Yogurt.

 

Fermenti lattici consigliati

Consigliamo questi due tipi di fermenti lattici:

  • Lactobacillus Acidophilus che in genere è indicato nella diarrea con dispepsia o coliti;
  • Saccharomyces boulardii.

Conclusioni

In conclusione, la “Vendetta di Montezuma” come viene definita la diarrea del viaggiatore, ha in genere un decorso benigno. Si risolve senza trattamento in massimo 2 giorni. Se i sintomi persistono si fa riferimento a quanto già indicato, ma se la diarrea si fa sanguinolenta e il vomito ripetuto più volte, è necessario sentire uno specialista nella medicina dei viaggi, per eventuale diagnosi differenziale.

Per i viaggi internazionali in paesi in via di sviluppo, bisogna pensare anche ad altre patologie. Per esempio: diarrea sanguinolenta, febbre alta, diarrea acquosa profusa con macchie di muco (le classiche feci “acqua di riso”) possono suggerire la considerazione del colera.

Quindi all’estero, Africa, Medio Oriente, Asia, Centro e Sud America, stiamo attenti a cibi e bevande che non hanno effetto negativo sui locali. Questa situazione si verifica per l’immunità che si sviluppa a causa di una costante esposizione ai patogeni ritrovabili in acque e alimenti di loro consumo quotidiano.